“Déjà Vu Quartet”, ti racconto una produzione musicale. [pt. 1]

Suddiviso in alcune “puntate”, ti offriamo il racconto di una produzione che ha coinvolto Piccola Piazza d’Arti ed alcuni suoi elementi a partire da aprile del 2015. Un percorso lungo che ha portato a fine maggio alla nascita di una raccolta musicale intitolata “Déjà Vu Quartet”. Chi sono i Déjà Vu? Cosa è contenuto in questa raccolta? Quali sono i retroscena di questa produzione?

Attraverso un’intervista ed un reportage a cura del nostro Davide Bianchini, che si è occupato della registrazione e del mixaggio questo lavoro, ti vogliamo raccontare tutte queste cose. Ti offriamo inoltre la possibilità di conoscere aspetti per lo più inediti di due “colonne” di Piccola Piazza d’arti, i nostri insegnanti Fabrizio Flisi e Federico Lapa, ed alcune curiosità su come è nato e si è sviluppato questo progetto musicale.

L’intervista è stata realizzata attraverso audio-messaggi registrati su whatsapp, l’invio di e-mail ed alcune telefonate. Per quanto realizzato con modalità cosi diverse e poco canoniche, ne esce un quadro dalle tinte vivaci e ricco di dettagli tutti da scoprire.

a domanda è banale ed è rivolta a ciascuno di voi. Chi sei? Qual è, brevemente, la storia di ognuno di voi musicalmente parlando? Quali i vostri riferimenti?

FABRIZIO

Inizio lo studio del pianoforte all’età di 5 anni circa presso Scuola di Musica “Laura Benizzi” di Rimini perché non volevo più andare all’asilo… scambiare le suore dell’asilo con il pianoforte (al quale ovviamente non arrivavo se non con uno sgabello altissimo e piedi a penzoloni) è stata una scelta vincente.

Quando nella vita mi si sono presentate delle scelte importanti o lavorative, la musica ha sempre prevalso fino a diventare il mio vero lavoro

Gli studi di pianoforte sono proseguiti fino al diploma in musica classica conseguito presso Conservatorio Frescobaldi di Ferrara nel 1997. Dal 2004 al 2006 sono tornato all’Istituto Lettimi di Rimini, dove avevo studiato in precedenza, per conseguire il Biennio Specialistico in pianoforte.

Già all’età di 14 anni, durante gli studi classici, mi sono avvicinato, insieme a varie formazioni e band di amici, alla musica leggera (rock, pop) perché all’ascolto dei grandi classici ho sempre associato l’ascolto dei “grandi del rock” come Led Zeppelin, Pink Floyd, Deep Purple e molti altri. Mio padre aveva un modo tutto suo di ascoltare la musica, direi “schizofrenico”, ma ha avuto il merito di farmi conoscere tante cose, magari anche per caso, come i musical (Jesus Christ Superstar, Rocky Horror, ecc.) e il funky di personaggi come Eumir Deodato

Diciamo che ho sempre avuto le antenne ben alzate su tutti i generi musicali e questo mi ha aiutato ad avere un bagaglio di conoscenze musicali abbastanza ampio (anche se non si finisce mai di imparare). Naturalmente ho dei generi preferiti: adoro suonare musica classica, popolare, klezmer mentre adoro ascoltare il jazz non sentendomi un vero e proprio esecutore di questo genere musicale.

Tutte queste passioni  mi hanno permesso di intraprendere un percorso lavorativo nella musica che oggi si concretizza nell’insegnamento di pianoforte e fisarmonica in diverse scuole (Scuola comunale di musica di Santarcangelo G. Faini e Piccola Piazza d’Arti a Rimini), nell’insegnamento di educazione musicale nelle scuole medie e in un’intensa attività live con band e progetti di vario tipo che vanno dalla musica etnica e popolare al rock progressive anni ‘70, dalla musica classica e lirica a collaborazioni con compagnie teatrali in spettacoli di vario tipo.

Parlavo della fisarmonica? Ah, sì, perché nel 2001, colpito da una memorabile esecuzione di Simone Zanchini, mi sono innamorato di questo strumento che fino a quel momento era stato per me ignoto. Una passione che si è concretizzata nello studio di questo strumento per diversi anni e con diversi insegnanti (Zanchini, Antonelli, Rotatori) per poi diventare una vera “arma” nel lavoro, perché la suono appena posso e in varie formazioni.

Nel 2005 nasce infatti da questa passione un gruppo chiamato SIMAN TOV, tutt’ora attivo, formato da 4 amici che collaborano, proponendo un repertorio di musica Klezmer (musica ebraica dell’Est Europa) e balcanica. Attualmente suonare è appunto, oltre che una passione, anche il mio lavoro e quindi riesco a capire bene quali possono essere i pregi ma anche i difetti di questa attività.

Se dovessi ricavare un insegnamento dalla mia vita in musica direi che è importante ascoltare ed eseguire di tutto senza però rimanere sulla superficie. Occorre approfondire ogni genere che si frequenta. L’altro insegnamento è saper imparare dai propri errori (musicali e non) e dalle situazioni critiche che si possono creare ad ogni situazione live per poi farne tesoro ed arrivare alla prossima “criticità” con il sorriso sulle labbra! La musica è sacrificio (mai frase fu più vera), ma sicuramente il sacrificio di questo lavoro è ripagato dalle gioie, dalle emozioni, dagli incontri e quindi ogni concerto è un’avventura che va vissuta!

JIMMY

Sono Jimmy Innocenti, un contrabbassista riminese. Ho studiato contrabbasso jazz e mi sono diplomato al Conservatorio Rossini di Pesaro con il maestro Bruno Tommaso. Da lì ho intrapreso la mia carriera suonando con la “Swinger Big Band” di Cattolica e la “Rimini Dixieland Jazz Band”. Ho avuto la possibilità e la fortuna di suonare con vari musicisti di fama nazionale ed internazionale fra cui il trombonista Roberto Rossi,il chitarrista Roberto Monti, Simone LaMaida sax alto, Stefano Bedetti sax tenore, il pianista Massimiliano Rocchetta, il batterista Massimo Manzi.

Mi dedico anche ad un’intensa attività solistica e cameristica all’interno di varie formazioni con le quali ha tenuto concerti in numerose città italiane ed all’estero. Questo mi è valsa la possibilità di raccogliere nel tempo tanti consensi di pubblico e critica. Altre collaborazioni, oltre alle situazioni sopra citate, riguardano il “Camera quartet” capitanato da Sara Jane, cantante anglo sammarinese, il quartetto jazz di Paola Pawan che propone rivisitazioni singolari ed interessanti di brani che hanno fatto la storia del jazz.

FEDERICO

Posso dire che per me il ritmo è una cosa innata, che ho da sempre. Mia mamma mi racconta che sin da piccolino avevo l’abitudine di picchiettare su qualunque parete, su ogni superficie. Magari è una cosa che tutti i bambini fanno: io sono certo che lo facevo già con un’intenzione diversa… Infatti appena mi è capitata l’occasione di portare i miei “tic” ritmici su una musica ecco che ho scoperto un mondo espressivo, quello musicale, che mi ha aperto un universo. Ed oggi sono qui, ancora a sorprendermi come un ragazzino dalle migliaia di possibilità che si posso realizzare con il materiale sonoro quando lo si vuole plasmare in musica.

Nasco autodidatta. Fin da molto giovane mi approccio alla batteria o a strumentari “minimal”, come un bongò, per raccompagnare canzoni e canzoncine con amici che suonavano la chitarra o altro.

Con la batteria in seguito sceglierò l’approccio, per così dire, “serio”. Mi sono iscritto ad una scuola a Viserba e preso lezioni per diversi anni.

Sin da ragazzino ho sempre suonato con gruppi musicali. Capitava spesso che i componenti di questi gruppi fossero più grandi di me e mi obbligavano in un certo senso a marciare in un modo più veloce. Ero come obbligato ad ascoltare, perché magari mi mancavano alcune nozioni tecniche inerenti a quello che dovevo eseguire. Sviluppando tanto l’ascolto, mi sono abituato a cercare di raccogliere tutte quelle che sono le informazioni musicali su un gruppo, un genere, uno strumento e a metterle insieme, fonderle per farle mie.

Attorno ai 25/30 anni ho avuto la possibilità di collaborare al progetto “Suoni fuori le mura”, molto importante per me. In questo progetto, che raccoglieva musicisti e tecnici dello spettacolo con l’obiettivo di mettere a servizio del mondo del disagio sociale quelle competenze in modo sistematico e con qualità, non come elemosina estemporanea, eravamo molto liberi di creare, finalizzando gli sforzi a prodotti, progetti e servizi molto concreti. Abbiamo sviluppato una mentalità tesa al fare il più possibile “bene”, con rigore, con rispetto di sé, del proprio ruolo e lavoro, e rispetto per l’altro, cliente o “utente” che fosse.

Avendo anche l’ausilio di uno studio di registrazione abbiamo potuto anche sperimentare molto, facendo dischi a nostro modo. L’orientamento di questo gruppo di lavoro era rivolto molto all’“etnico” e al “popolare” e non è stato per nulla faticoso staccarmi da quello che era il mondo del rock progressivo che sino a quel momento mi vedeva protagonista in veste di batterista con diverse formazioni. Questo orientamento mi ha portato a studiare, a ricercare tra vari linguaggi musicali. Avevo già qualche esperienza, ma questo progetto ha segnato l’inizio di una fase molto importante della mia ricerca. Ho cercato di mettere la testa su vari generi: musica brasiliana, musica araba, musica balcanica, musiche del sud Italia. E così, piano piano, si è avviata anche la riscoperta delle mie origini calabresi. Ogni passo, ogni ricerca, ogni studio andava a smuovere qualcosa di primordiale ed i pezzettini dapprima sparsi di questa ricerca, si univano. Ho sviluppato un’esperienza unica in cui sono convogliati tantissimi echi sonori e musicali.

Non ho smesso di studiare, non ho mai smesso di informarmi, non ho mai smesso di ricercare. Il mio studio non è canonico, come un percorso classico in conservatorio. Nel mondo delle percussioni per me è stato fondamentale l’incontro con le persone, con le culture. L’andare a individuare uno stile, un genere e suonare assieme alle persone protagoniste di quello stile o quel genere. Sono stato in Senegal, ho suonato con la gente del posto, ho cercato i loro insegnanti. Sono stato qualche tempo a Siviglia, per cimentarmi e approfondire il mondo affascinante del flamenco.  Quando non potevo andare alle origini, nelle terre natie di queste culture musicali, ho cercato di studiarle attraverso l’ascolto.

Faccio ancora fatica a dire chi sia il mio percussionista o batterista preferito. Credo che non riuscirò mai a rispondere a questa domanda. Però le persone, i mostri sacri che mi affascinano e che mi entrano dentro, sono coloro che suonano la musica “sentendola”, visceralmente. I miei modelli sono Franz Di Cioccio, Ellade Bandini come batteristi. Nanà Vasconcelos, Trilok Gurtu tra i percussionisti. Ho citato alcuni grandi, ma ce ne sono tanti altri che ora non mi vengono in mente. Guardandoli e ascoltandoli mi insegnano un atteggiamento. Un modo quasi mistico di approcciare le percussioni o la batteria. Non per dimostrare chissà cosa attraverso il virtuosismo, ma per fondersi nell’atto musicale attraverso il cuore. Occhi chiusi e sentire. Suonando.

GIANNI

Mi chiamo Giovanni Massante. Sono il chitarrista del gruppo e suono la chitarra da sempre, prediligendo gli arpeggi della classica e della 12 corde. Sono rimasto sempre affascinato dai Genesis di “Selling England by the pound”, dai Pink floyd di “Atom heart mother” o di “Ummagumma”, dai Santana di “Caravanserai”, o dalla Mahavishnu Orchestra di “Bird of Fire”, mi sono gradualmente avvicinato alla musica modale degli Oregon, a Egberto Gismonti, Pat metheny, John Scofield ed alle contaminazioni del jazz con la musica etnica.

Per diverso tempo mi sono dedicato alla ideazione di commenti sonori per numerosi documentari i più fortunati dei quali sono entrati nei circuiti della RAI (GEO ). Ho composto” musiche per poesie” per diversi autori che hanno pubblicato per importanti case editrici.

Ho sempre preferito l’aspetto compositivo della musica e le registrazioni in studio.

La seconda domanda è ancora più scontata della prima, ma è una introduzione necessaria per poter fare qualunque altro discorso sul vostro disco: qual è la storia del vostro gruppo? Come nasce? Quali gli eventi più importanti della sua storia?

Fabrizio: Il gruppo nasce da un incontro fortuito. Da amicizie comuni fra me e Gianni (Massante, chitarrista e compositore, ndr). Un incontro rimandato nel tempo. Però un bel giorno ci siamo trovati a casa di Gianni, che ha un piccolo studio dove registra le sue musiche in notturna, e abbiamo iniziato a suonare insieme. Io la fisarmonica, perché lui ci teneva molto che io la suonassi sui suoi brani, e lui la chitarra.

Aveva scritto molte composizioni, così abbiamo iniziato a suonare una serie di brani, alcune melodie che lui aveva composto e a eseguirle su delle basi. Visto che i brani funzionavano, ci piacevano e avevano una forma precisa, abbiamo deciso di coinvolgere altri musicisti. Lui aveva già ben chiaro quali strumenti voleva a partire da delle percussioni. E io ho proposto Federico, che nel nostro giro è un amico e un collega. Una volta iniziato a suonare insieme in trio, abbiamo pensato di chiamare un bassista o un contrabbassista e lì tramite amicizie comuni è arrivato Jimmy Innocenti.

Federico: faccio una piccola parentesi: nel primo incontro ci siamo visti tutti e tre a casa di Gianni e abbiamo suonato in un modo rilassato questi brani. Non vorrei neanche dirlo, ma mi sono piaciuti subito. C’è stato un gran feeling. Tra grappa (di cui Gianni e Federico sono collezionisti ed ottimi estimatori, ndr) e musica ci siamo immediatamente presi e da qui Gianni ha tirato fuori la proposta di contattare un contrabbassista. Ho fatto il nome di Jimmy Innocenti che avevo conosciuto a qualche jam session jazz.

La cosa che vorrei dire è che quando, nella prova successiva, è venuto anche Jimmy, ci siamo presentati formalmente, ma nel corso della serata ci guardavamo e ci dicevamo: “Cavolo, ma noi ci conosciamo!”. Praticamente ognuno alla lontana conosceva l’altro. Per un caso fortuito è successo che ci conoscevamo già ed il nome è venuto quasi automatico. “Dejà vu”, come se ci conoscessimo già da tempo, ma non ci ricordavamo chi fosse l’altro. La musica ha collegato, ha acceso questo contatto.

Gianni: I Déjà vu quartet rappresentano per me un’esperienza nuova e stimolante che nasce indubbiamente dalla capacità di Fabrizio di concretizzare le mie idee e le mie fantasie musicali. Così la fusione di chitarra e fisarmonica si è presto arricchita della ritmica sensuale ed esplosiva di Federico e dall’eleganza del basso fretless di Jimmy.

Quali gli eventi più importanti della vostra storia?

Fabrizio: Federico adesso mi verrà in aiuto… l’evento più importante? E’ stato esibirsi per la prima volta in un posto particolare, a Santarcangelo, dai frati cappuccini, in un bellissimo posto.

Federico: al di là della bellezza, volevamo la benedizione del “Grande Capo” (ridono).

Fabrizio: Era l’agosto del 2013, tre anni fa. Quello è stato il primo concerto, il più emozionante e più bello. Volendo segnalare un altro evento, di certo mi viene in mente quello in cui abbiamo registrato il nostro cd, durante un concerto a Piccola Piazza d’Arti che tu Davide ben conosci. Abbiamo “invitato il pubblico in sala di registrazione”, l’abbiamo invitato ad ascoltarci. Abbiamo registrato questo live di cui abbiamo scelto con molto emozione otto brani su cui abbiamo lavorato. Così abbiamo prodotto il nostro primo cd. Questi sono gli eventi più importanti al momento. Possiamo già dire che un prossimo evento molto importante sarà il 27 luglio in piazzale Fellini a Rimini, ma ancora non ci sbilanciamo sui dettagli…